Chi ha paura degli insegnanti di Religione Cattolica?

Un insegnante di Religione Cattolica, presidente dell’ANIR (Associazione Nazionale Insegnanti di Religione) scrive al quotidiano “La Repubblica” dopo le recenti polemiche sull’ora di religione nelle scuole.

CHI HA PAURA DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA

Eppure sembrano innocui. Appaiono come persone normali: donne e uomini, giovani che si dedicano ad uno dei mestieri più antichi del mondo: l’insegnamento. Finché ci sarà qualcuno che ha bisogno di imparare ci sarà anche chi deve insegnare.

Nella scuola italiana tra i vari insegnamenti c’è quello che tocca contenuti come la dimensione religiosa della storia e dell’uomo, che è una delle culture più alte in possesso di questa nostra ricca, strana e complessa umanità. La scuola non ha solo il compito di preparare i giovani ad inserirsi con competenza nella realtà sociale ed economica in trasformazione, ma ha anche quello di aiutarli a realizzare pienamente il percorso di costruzione della propria identità al fine di realizzare la formazione integrale della persona. Nel documento ministeriale “Cultura scuola persona” si presenta la cornice culturale dentro cui si svolge l’azione educativa – didattica e i compiti della scuola facendo riferimento esplicito all’insegnamento religioso: “Lo studente è posto al centro dell’azione educativa in tutti i suoi aspetti: cognitivi, affettivi, relazionali, corporei, estetici, etici, spirituali, religiosi …” Ebbene, la religione non è solo pratica devozionale di fede per chi ci crede, ma è anche un sapere che ha prodotto cultura e continua a produrne, è un valore spirituale di tutto il mondo, l’ambito specifico dove la ricerca del senso e i significati della realtà sono stati fecondamente elaborati. Se la religione non fosse cultura, e grande promotrice di cultura, potremmo chiudere moltissimi musei, cancellare altrettante opere d’arte e demolire quelle chiese che non sono solo monumenti di calce e marmo, ma tipica espressione della visione della vita che gli uomini di quelle epoche hanno avuto. Se il Cristianesimo, poi, non fosse cultura, perché “è roba di casa nostra” allora dovremmo smettere di pensare ciò anche del Buddismo, dell’Induismo, dell’Islam e dell’Ebraismo, pena la conferma della nostra irriducibile esterofilia, non sempre supportata da forti cognizioni al riguardo. Così, tra le tante cose che ci sono a questo mondo, c’è anche la religione, le religioni, e i sistemi di significato anche quelli atei e agnostici. È giusto conoscerli? È importante, è necessario? Sono quesiti molto impegnativi e profondi che richiedono competenza e delicatezza, che viene da persone preparate allo scopo. Che sia poi il cristianesimo, nella sua confessione cattolica, il fondamento di questo insegnamento è logico in quanto la nostra matrice culturale religiosa ha, da sempre, questa impronta. Sarebbe molto curioso dire che lo Yemen è un paese che ha un patrimonio storico-religioso cattolico e l’Italia un ceppo culturale islamico. Ciò non toglie a nessuno la libertà di non credere, di non aderire, di non praticare e anche, civilmente s’intende, contrastare qualcosa che si ritiene sbagliato. Attualmente l’IRC (Insegnamento della religione cattolica) nella scuola pubblica è previsto dal Concordato che lo Stato ha stipulato con la Chiesa: “La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, é garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori eserciteranno tale diritto su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione1”. Se si è convinti di essere nel giusto, si può anche sperare che un giorno non ci sia più questo insegnamento nella scuola italiana, ma ad oggi non è così visto l’alto consenso che esso riscuote pur essendo l’unico a scelta da oltre venti anni. Chi non condivide l’esistenza dell’IRC nella scuola statale, dovrebbe avere l’onestà di dire che non è d’accordo con la presenza degli Insegnanti di Religione Cattolica (IdR) nelle scuole statali, ma siccome è stata voluta ed autorizzata dallo Stato, a seguito di un Concordato votato da un Parlamento eletto democraticamente, ne riconosce la legittimità. Questo insegnamento non è imposto a nessuno (anzi è scelto dal 91,2% degli studenti della scuola statale), quindi pur non condividendolo, andrebbe rispettato. È un’attività didattica con la stessa dignità delle altre nell’ambito del curricolo dei diversi ordini di scuola e pertanto va rispettata anche perché frutto di una libera adesione di chi ne risulta fruitore. Chi è contrario alla religione nelle scuole, molto spesso pretende che il 91,9% di tutta la popolazione scolastica d’Italia che invece è favorevole, pur essendo in maggioranza nettissima, rinunci a questo servizio. Tante persone lo scelgono e lo vogliono, eppure dovrebbero non usufruirne, solo perché alcuni non sono d’accordo? È forse questo il principio di democrazia e tolleranza che ispira la nostra nazione? Chi sarebbe allora, l’intollerante?!?

Chi conosce la storia dell’unità d’Italia, e il faticoso e complesso sviluppo del sistema scolastico nazionale, sa che l’insegnamento della religione viene sempre strumentalmente considerato in base agli alti e bassi dei rapporti tra Stato e Chiesa. Anche queste recenti discussioni vanno inquadrate in quest’ottica.

Come cittadina italiana, e insegnante di religione, trovo patetiche quelle affermazioni che ci descrivono come persona del “sistema” Chiesa. Sono credente e alla Chiesa appartengo e credo che questo, in un paese democratico, non sia discutibile. Ma sono fiera, di appartenere alla nazione italiana per la quale mi prodigo, con entusiasmo e passione educativa, curando i figli degli altri che mi vengono affidati con una formazione lunga e accurata alle spalle e come me tantissimi altri giovani, soprattutto, che dedicano alla scuola e all’educazione delle nuove generazioni tempo e fatica credendo nel valore assolutamente culturale e formativo del loro lavoro. Ho violato le regole? Ho avuto dei privilegi? Costituisco una minaccia sociale?

Vediamo di farla finita con queste sterili polemiche! Offendono una risorsa che la scuola italiana può vantare! Facciamo il nostro lavoro con profonda motivazione promuovendo lo sviluppo della persona, stimolando domande esistenziali volte alla ricerca di orizzonti di significato. Questo è lo stile dell’Idr!

Abbiamo seguito un curricolo di studi equivalente a quello di molti colleghi, affrontato prove e concorsi seri e selettivi, rispettiamo le leggi, paghiamo le tasse e ci comportiamo professionalmente secondo un rigoroso codice deontologico, sempre verificabile e istituzionalmente controllato forse il più controllato nella categoria visto che la nostra credibilità è stata conquistata sul campo. Viviamo la nostra professionalità con senso di una piena cittadinanza nella scuola che si realizza con i nostri contributi al POF (Piano dell’Offerta Formativa delle istituzioni scolastiche), la gestione di progetti, lo svolgimento della disciplina in aula, la collaborazione con gli altri docenti … per una buona gestione della scuola globalmente intesa, senza barriere o vuoti di responsabilità. Siamo persone di dialogo, ma si sa, per dialogare bisogna essere due parti che si confrontano e tutto ciò deve avvenire su un piano di onestà intellettuale e con chi sia veramente e seriamente interessato alla tematica della cultura religiosa e della sua valenza formativa in ambito scolastico, senza secondi fini e senza intenti mistificatori.

Vivendo da molti anni in mezzo ai giovani, li ho trovati bisognosi di crescere, di imparare e diventare grandi. Molti miei alunni non sono cristiani cattolici, ma seguono con molto interesse le lezioni e tutte le attività formative proposte. Sono anche più critici e interessati di coloro che attivano polemiche senza conoscere gli argomenti. I giovani di oggi hanno bisogno di valori, hanno fame di educazione. Troviamoci sui valori umani: la libertà, l’onestà, la solidarietà … e molti altri riconosciuti come universali. Sono valori universali e perenni. La religione li ha sempre proposti e lo fa anche oggi. Le nuove sfide educative emergono dal contesto della società in cui viviamo che si evidenzia non solo come multiculturale ma anche come multireligiosa. Molteplici sono infatti i credo religiosi, i riferimenti di valore i significati esistenziali a cui fanno riferimento quanti vivono ed interagiscono in Italia. L’educazione interculturale, nell’accogliere tutti i contenuti di esperienze di cui i soggetti sono portatori, contribuisce alla formazione di uno stile di reciproca comprensione e di rispetto anche in materia di credo religioso. L’educazione interculturale non ha un proprio credo da proporre né un agnosticismo da privilegiare, mira alla convivenza delle differenze. Essa riconosce il valore della realtà religiosa come dato storicamente, culturalmente e moralmente incarnato nella realtà sociale multiculturale in cui i soggetti vivono e si formano, ed in quanto tale è oggetto di attenzione l’esperienza religiosa che ogni soggetto vive nel proprio ambito in modo da maturare sentimenti e comportamenti di rispetto delle diverse posizioni religiose e di rifiuto di ogni discriminazione. Si tratta cioè di trovare nel dialogo il terreno della convivenza che si nutre sia di conoscenza che di rispetto reciproco.

Non dispiaccia che qualcuno apprezzi anche il valore della preghiera e creda in una sana concezione dell’al di là, valore che non imponiamo né precludiamo a nessuno. Lasciamo che i giovani lo conoscano, si confrontino anche con queste realtà, così possono meglio scegliere…anche questa è democrazia e sviluppo della civiltà. L’insegnamento della religione cattolica è una grande opportunità, un servizio che gli insegnanti di religione e la Chiesa rendono al Paese nella persona dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, cioè al futuro del nostro Paese. L’IRC è un servizio agli studenti, alla cultura ed alla società che nasce dal cuore dell’identità cristiana e si rivolge a tutti per un’educazione globale e significativa della persona umana, cristiana o meno.

Patrizia Caprara (presidente ANIR)

Gorizia, 7 novembre 2007

Note

1. Legge 25 marzo 1985, n. 121, Ratifica ed esecuzione dell’accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta modifiche al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, art. 9 comma 2.

2. I dati si riferiscono all’anno scolastico 2006/07: l’IRC è scelto dal 91,9% (91,2% dagli alunni della scuola statale)

Via: Prof di Religione

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