La tradizione del “rosario” nelle diverse religioni: il Japamala Indù

japamalaEccoci alla seconda puntata dedicata ai rosari nelle diverse tradizioni religiose. Oggi ho scelto il Japamala (parola che deriva da japa = ripetizione e mala = ghirlanda) induista che è composto da 108 grani.
Ja sta per “janmaviccheda”, la cessazione del ciclo nascita e morte; e pa sta per “Pa kara papanasana”, purificazione e redenzione di tutti i peccati. Un mala ha 108 grani ma ciò non rappresenta il numero 108, bensì la realtà:
– 1 rappresenta la verità Ultima
– 0 al centro rappresenta lo stato di Samadhi
– 8 rappresenta la natura creativa.
Infatti non viene detto 108, ma 1, 0 e 8. 108 è un numero che ricorre spesso sia nella tradizione induista che in quella buddhista. 108 sono i nomi di Shiva, Krsna, Visnu, Radha, Laksmi, Durga ecc… e di numerosi saggi indù. ll sistema Vedico crede poi che 108 rappresenti l’universo o supremo. Il dio Krishna ha avuto 108 gopi (pastorelle devote), e le stesse Upanishad sono 108; ci sono 108 luoghi santi frequentati dal dio Vishnu (Divyadesams). Ma a quanto pare più si scava nelle antiche scritture e più il numero 108 ritorna. Sul significato del numero 108 si può vedere anche qui.

Come è fatto un Japamala?
Generalmente i grani sono semi di piante indiane (semi di loto, di bodhi, rudraksha) oppure in legno di sandalo, tulasi o ancora di giada, ambra ecc…. In ogni mala c’è sempre un grano diverso in più, che forma l’estremità superiore e viene chiamato Meru (come il sacro monte), il punto di giunzione (altri nomi possono essere Bindu, Sumeru, Guru, Stupa). Così, quando si ripete il mantra bisogna arrivare fino a Meru (senza mai attraversarlo), ritornare indietro, e così via.

Come si usa il Japamala?
Si deve tenere il rosario sopra il dito medio, tenendo insieme le altre dita che rappresentano i Guna, cioè le tre qualità del pensiero, del temperamento e dell’azione (il medio rappresenta Satva: la purezza; l’anulare rappresenta Rajas: l’azione; il mignolo rappresenta Tamas: l’inerzia).
Questa azione di tenere il rosario sopra il dito medio, raggruppando le altre dita, sta a significare che si trascende il mondo dell’illusione, degli attributi, e si procede verso la coscienza dell’unità.
Il dito indice, che rappresenta l’uomo (Jivatma), e il mignolo non devono venire a contatto con il mala. Il Japamala dovrebbe essere tenuto nella mano destra tra il pollice (che è Dio – Paramatma), e l’anulare, così che la fusione con il Divino viene enfatizzata col passaggio di ogni grano e di ogni respiro. Mentre si sgrana il Japamala, la lingua ripete il mantra. Alcuni dei mantra più usati sono:
* Om
* Hare Krishna mantra
* Ram Nam
* Gayatri
* Om namo Narayana
* Pancha Tattva mantra
* Aum Namah Sivaya
* Om mani padme hum
* ShriRam Jay Ram Jay Jay Ram

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Commenti

  1. […] al VII sec d.C., molto probabilmente per i contatti con la vicina India dove già veniva usato il Japamala. L’uso del Tasbeeh si lega a quella forma di preghiera presente nella tradizione spirituale […]

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